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Da L'Osservatore Romano del 18 aprile 2014
Per quel che conta, assolvo Pilato, lo assolvo proprio perché se ne lavò le mani, lo assolvo perché più di così non poteva fare di fronte alla “furbata” di un processo reso politico e che schiaccia quindi il diritto e, se mi consentite, anche la coscienza del giudice. Ho maturato questa convinzione con calma, senza fretta esegetica: Gesù capì Pilato. Se rileggerete anche voi tante volte i resoconti dei vari evangelisti, coglierete che le scene processuali offrono alla fine un protagonista, anzi il protagonista, che non è Gesù, non è Ponzio Pilato, non è la moglie, non è Erode, non è il sommo sacerdote, non è neanche l’interrogatorio serrato in se stesso, ma un doppio silenzio: il silenzio mio nel compito di essere scorta a Pilato e in particolare il silenzio di Gesù. È il silenzio educativo di un umano che toglie la parola all’interlocutore, al duellante, non accettando più domande, non omologando più comportamenti scorretti, non accettando più stupidaggini, non preventivando neppure scorciatoie legali, neppure quelle concordatarie, e questo lo si ottiene sempre con il silenzio che toglie la parola.
Io non avrei avuto la pazienza necessaria degli archeologi, li ho visti all’opera solo a Emmaus e mi ha segnato il loro lavoro consumato nel silenzio. Mai avrei immaginato che, accompagnato in questi luoghi dall’amico padre Michele Piccirillo, insigne archeologo, un giorno mi sarei innamorato dello scavo nelle parole di Gesù. Ho imparato a sentire, quando leggo e studio, il rumore dei passi del Maestro, ad avvertirli leggeri, senza esibizioni. Abbassiamo l’orecchio sul silenzio dei suoi passi che lasciano il pretorio e lasciamoci accompagnare in un cammino di rientro fino a Nazareth.
Oso credere che prima di innalzarlo sulla Croce gli abbiano concesso alcune ore di permesso per rivivere alcuni momenti della propria vita. Sono certo che glielo chiese Pilato al sommo sacerdote. Non so se il procuratore romano avesse figli, se lo turbò il messaggio della moglie anche nelle ore successive, cosa raccontò a lei dopo la battaglia processuale.
Ognuno di noi sia solo con il proprio silenzio e sia l’unico ad accompagnarlo per la Via Lunga o la mai l’errore di essere rigoroso, aspetto questo che è la fine dell’amore, perché guarda i conti e non il cuore. Vorrei aprire una fessura sul silenzio di Gesù che mi verrebbe da chiamare il silenzio della misericordia. Un incontro imbarazzante è quello con la donna adultera, ovviamente portata al suo cospetto sprovvista del peccatore in comunione, l’uomo. Questo brano non ha mai avuto vita facile, perché il silenzio di Gesù scandalizzò. Chi è senza peccato, chiese, e le parole ferirono l’aria. Portiamoli a casa nel cuore questi undici versetti scandalosi, ospitiamoli nella tenda della nostra vita. C’è un solo modo per conoscere una donna, un ragazzo, una città: inginocchiarsi e guardarli da vicino e in silenzio, incrociarli negli sguardi, come ha sempre fatto Gesù. Il cammino rapido del ritorno a Gerusalemme è oramai compiuto, siamo nel silenzio delle ultime ore, il regalo del suo silenzio davanti a Pilato che abbiamo prima ricordato e capito. La sua Passione è silenzio, il suo ultimo tratto di cammino è silenzio.
Vinto nel corpo, vivo nell’anima, brutalizzato nella carne, non sgualcito nel cuore. Io che l’ho accompagnato da Nazareth a Gerusalemme, come credo ognuno di voi questa sera, ho dovuto ascoltare un ultimo silenzio, quello di suo Padre, che Gesù ha patito in tutta la sua ampiezza e drammaticità, il silenzio di Dio sulla croce. Mi verrebbe da dire che in quel silenzio di Dio che non risponde noi misuriamo, sia pur da lontano, tutta la fede di Gesù. Hai fatto bene Gesù a non rispondere a Pilato. Potevi permettertelo. La tua vita era la tua risposta, forse né capita né accolta, perché era la vita di un mite, e lo si capisce da come hai camminato, dal tono della voce, da come hai attraversato l’oscuro, forte di una luce che non si sa bene da dove venisse.
Aldo Bertelle
Una singolare operazione culturale su Gesù di Nazareth durata cinque anni e scandita con centodieci incontri serali di cento persone tra bambini, giovani e adulti. È stata pensata e realizzata dalla comunità di «Villa San Francesco» a Facen di Pedavena, presso Feltre (Belluno). L’intenzione è stata di capire Gesù, Signore della Pasqua, come il Vivente che solo può rivoluzionare la vita attraverso la pedagogia dell’amore facendone dono agli altri alla sua maniera. Si è trattato di vere e proprie catechesi su come Gesù nel Vangelo educa le nostre anime liberandole dai fardelli ingombranti dell’egoismo.
Catechesi attive e partecipate dai presenti nei panni dei diversi personaggi descritti nelle narrazioni evangeliche. Trenta riflessioni conclusive di Aldo Bertelle sull’arte educativa di Gesù di Nazareth sono state raccolte in un volume fresco di stampa. Il titolo del libro è Gesù, ladro nella notte (Facen di Pedavena, edizioni Linea Quaderni di Villa San Francesco, 2014, pagine 304, euro 15) impreziosito da trenta illustrazioni di Vico Calabrò e presentato dal cardinale Loris Francesco Capovilla. «Villa San Francesco — secondo il porporato che la conosce bene avendola visitata più volte con l’allora patriarca di Venezia Angelo Giuseppe Roncalli — ha accolto la chiamata a vivere e testimoniare Evangelii gaudium di Papa Francesco, ha accettato di portarlo non solo nell’ambito della comunità ma di estendere a tutti la notizia bella di Gesù». In occasione del venerdì santo pubblichiamo stralci del capitolo su Gesù e Pilato.
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